20/08/11

IL SUBLIME sulle note del Notturno di Chopin


Caspar David Friedrich scrisse che “è necessario armonizzare con la natura perché la conoscenza del bene ,del bello e del vero sta nella natura ,la cui voce parla dentro di noi”. Ma come è possibile se essa è “irraggiungibile”?
L’uomo è tutto proteso verso la natura, la contempla attratto dal suo irresistibile magnetismo ed essa, con la sua potenza, gli dona l’emozione del sublime. In questa aura dai colori foschi e bruni trafitti dall’ultimo bagliore purpureo del sole si fanno strada “i pensieri derivati dalle visioni notturne.”

La struggente melodia del notturno di Chopin ci proietta nella dimensione melanconica, quasi atemporale della notte: il momento magico in cui l’uomo entrando in empatia con la natura, proietta in essa tutta la sua solitudine. Il tocco leggerissimo e melanconico del pianoforte, il fluire delle note, or lente, or veloci come i raggi del sole che baciano le mobili onde per l’ultima volta nel giorno, lo avvolgono, quasi lo cullano.
È un canto d’addio modulato su un tono di affranta tristezza ;le parole cadono lentissime nello sterminato silenzio del ricordo che rinnoval'eco leopardiano de “l’etate del mio dolore”.
Come al tramontare del sole il mondo si scolora ,così perde colore e senso la vita ,quando la giovinezza trapassa. Nel mondo naturale, al tramonto segue una nuova aurora ,nell’uomo,invece, dopo la giovinezza ,non resta che desolata aridità, il nulla che lento e implacabile lo consuma. E’ l’idillio della morte e dello sforzo angoscioso di tenersi vivi attimo dopo attimo.
In quest’ora particolare, in bilico fra la notte e il giorno, le tre figure umane assumono una compostezza di religiosa attesa: testimonianza struggente della lontananza, percezione dolorosa della separatezza dell’uomo dal cosmo, consapevolezza lucida che l’unica conciliazione percorre le strade della nostalgia.
I colori cupi e il contro luce,accentuano quest’aura in cui si associano il vicino e il lontano,il terreno e l’ultra terreno. La scelta di rappresentare i tre di spalle è un invito ad entrare nel dipinto in un legame empatico.

Elisabetta Polatti e Chiara Ciurlia